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Necessario poter indicare l’orario part time tramite turni programmati



La Cassazione, con l’ordinanza 11333/2024, ha smontato un altro pezzo del Jobs act: dopo le tutele crescenti è la volta della norma sul part time laddove, nell’articolo 5, comma 3, del Dlgs 81/2015 si stabilisce che «quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite».


Di fatto, la Cassazione (si veda Ntpluslavoro del 15 maggio 2024) ha affermato che «non è possibile sostenere invece che la possibilità di prevedere lo svolgimento dell’orario part time in turni (anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite) comporti anche la deroga all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro (che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite)».


Pertanto, anche se la norma (sufficientemente chiara) stabilisce la possibilità di sostituire la puntuale indicazione dell’orario nel contratto individuale con un “rinvio” di tale indicazione ad atti esterni ad esso (ossia, alla periodica assegnazione dei turni), la Cassazione nei fatti disconosce la norma del “rinvio” (comma 3) sostenendo, in ogni caso, la necessità della puntuale indicazione dell’orario nel contratto che invece è prevista nel comma 2 per le sole aziende che non lavorano a turni. La Suprema corte sostiene questa posizione di indicazione dell’articolazione oraria dell’attività nel contratto individuale «per consentire al lavoratore una migliore organizzazione del tempo di lavoro e del tempo libero e di vita quotidiana».


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